CBD come antidolorifico: quali sono i costi?

11' di lettura 24/08/2022 - Come fonte d’ispirazione per produrre questo post abbiamo letto l’articolo di uno dei più importanti produttori di cannabis light in Italia, Crystalweed, che spiega cos’è il CBD.

Da qualche anno si sta diffondendo una maggiore consapevolezza sulle proprietà benefiche della cannabis per l’organismo, utilizzata come antinfiammatorio, antidolorifico, antiemetico e immunomodulatore. La sua efficacia è dovuta all’affinità dei componenti, i fitocannabinoidi, con il sistema endocannabinoide umano. Il cannabidiolo (CBD) rappresenta una delle sue molecole principali, che riesce ad interagire con il corpo umano alleviando i dolori e gli stati infiammatori. In questo articolo ci concentreremo sul CBD come antidolorifico, per andare a spiegare quali sono gli effetti del cannabidiolo e in quali patologie è particolarmente indicato.

Abbiamo raccolto numerosi contributi scientifici che spiegano come il cannabidiolo sia risultato efficace nel trattamento dei dolori cronici, dovuti ad emicrania, artrite o correlati alla presenza di tumori. C’è da dire che il CBD è sostanzialmente privo di effetti collaterali e che, al contrario del THC, l’altro fitocannabinoide presente nella canapa, è privo di effetti psicoattivi, ossia non ha effetto drogante. Per questo motivo, la produzione, la commercializzazione e l’acquisto della cannabis light sono perfettamente legali.

Ora partiamo con il nostro approfondimento sul CBD come antidolorifico.

Cos’è il CBD

Il cannabidiolo, la cui abbreviazione è CBD, è una molecola che può essere estratta dalle piante di canapa. Si tratta di una sostanza chimica di origine naturale presente in tutti i prodotti a base di cannabis legale. Insieme al THC, tetraidrocannabinolo, è uno dei fitocannabinoidi principali contenuti nella cannabis Sativa. Rimedio conosciuto da migliaia di anni, il CBD è tornato alla ribalta dopo numerosi studi e ricerche che ne attestano gli enormi effetti benefici e le proprietà terapeutiche. La sua affinità con il sistema endocannabinoide presente negli esseri umani, infatti, lo rende estremamente efficace nel trattamento del dolore cronico e di altre patologie gravi, come le infiammazioni articolari o gli spasmi muscolari.Le molecole di CBD interagiscono con i recettori endocannabinoidi presenti nel midollo spinale, nel cervello e nel sistema nervoso periferico, provocando numerose reazioni a livello biologico. La capacità di attivare i recettori, compresi quelli legati allo stimolo del dolore, lo rende particolarmente efficace e apprezzato come antidolorifico. Tuttavia, le sue proprietà benefiche non si esauriscono qui, poiché il CBD stimola anche il sistema immunitario ed è un efficace antiemetico.

È apprezzato in diversi ambiti perché non produce effetti psicotropi, ovvero non altera la mente e non provoca l’effetto sballo, a differenza del THC. I suoi effetti sono limitati a livello del corpo, tanto da ottenere il placet dell’OMS, che lo ha definito una sostanza sicura, priva di effetti collaterali.

Qual è l’azione del CBD come antidolorifico?

Introduzione del CBD come antidolorifico

Come abbiamo visto, il CBD riesce a comunicare con i recettori del sistema endocannabinoide, in particolare con i sottotipi recettoriali di tipo 1 (CB1) e di tipo 2 (CB2). I primi sono quelli che regolano i segnali del dolore, mentre questi ultimi sono legati al sistema immunitario. Il CBD riesce ad attivare i recettori per cannabinoidi CB1, modulando la risposta dell’organismo agli stimoli dolorosi. Attualmente sono in corso ricerche scientifiche sull’uso del CBD come antidolorifico, ma sono già emerse alcune evidenze sull’uso dei prodotti topici al CBD nelle persone affette da dolore cronico. L’olio di CBD, uno dei prodotti più puri a base di cannabidiolo, applicato sulle parti doloranti, limita il dolore, riduce l'infiammazione e allevia i sintomi specifici legati ad alcune condizioni patologiche. Tuttavia, la Food and Drug Administration (FDA), l’ente governativo americano che gestisce la regolamentazione dei prodotti ad uso alimentare e farmaceutici, non ha ancora approvato prodotti CBD senza la prescrizione medica. L’unico farmaco a base di CBD approvato dalla FDA è Epidiolex, medicinale destinato a ridurre i sintomi nei malati di epilessia, una patologia che colpisce una persona su mille, della quale abbiamo parlato anche durante la Giornata internazionale dell’epilessia.

Questo, però, fa ben sperare e rappresenta un’apertura interessante del mondo scientifico sui prodotti a base di CBD.

C’è da dire che il cannabidiolo si è dimostrato molto efficace nel trattamento del dolore cronico mentre mancano ancora evidenze sulla sua azione nei confronti del dolore acuto.

Il CBD può essere usato per alleviare i dolori cronici

Il ruolo dei recettori di endocannabinoidi, presenti nel cervello, nel sistema immunitario e nelle aree periferiche del sistema nervoso, è fondamentale affinché le cellule rispondano agli stimoli inviati dall’organismo. Essi, infatti, sono proteine di piccolissime dimensioni che vivono attaccate alle cellule. Interagendo con i recettori dei cannabinoidi, così come i fitocannabinoidi, riescono a facilitare questa comunicazione, influenzando la risposta dell’organismo al dolore. Questo spiega come il CBD e i prodotti a base di cannabidiolo possano provocare effetti antidolorifici e antinfiammatori. Oltre all’uso topico che ha dimostrato l’efficacia del cbd per il recupero muscolare, una review su studi effettuati tra il 1975 e il 2018, ha evidenziato le proprietà benefiche e antidolorifiche del CBD nell’alleviare i sintomi del cancro, dei dolori di natura neuropatica e nelle fibromialgie.

L’ulteriore approfondimento di questi studi potrebbe rappresentare un punto di svolta nella gestione del dolore per i malati cronici con rimedi di origine naturale e privi di effetti collaterali.

Il CBD può essere usato per alleviare il dolore da artrite

Uno Studio del 2016, pubblicato su Eur J Pain, ha analizzato gli effetti del CBD nel trattamento dei dolori correlati all’artrite.

La ricerca, dal titolo “Il cannabidiolo transdermico riduce l'infiammazione e i comportamenti correlati al dolore in un modello di artrite di ratto” si è concentrata sugli effetti dell’applicazione topica del CBD sui ratti affetti da artrite. Durante le fasi della ricerca, gli scienziati hanno utilizzato un gel per uso topico con diverse percentuali di CBD. Per quattro giorni consecutivi, i topi sono stati trattati con livelli crescenti di cannabidiolo: il primo giorno la dose è stata di 0,6 milligrammi, il secondo di 3,1 milligrammi, poi 6,2 milligrammi e, infine, 62,3 milligrammi. Innanzitutto, bisogna sottolineare che l’uso topico a dosaggi diversi non ha prodotto effetti collaterali di nessun tipo. Mentre, la riduzione del dolore e dell’infiammazione alle articolazioni è stata evidente già a partire dalla terza somministrazione. Da qui la conclusione per cui il dosaggio più basso non è sufficiente per il trattamento del dolore, che è stato affrontato con successo con un dosaggio di 6,2 milligrammi.

È interessante notare che non c’è stata nessuna differenza, invece, nella risposta delle cavie al trattamento con 6,2 milligrammi di prodotto rispetto al dosaggio più alto di 62,3 mg/die, ossia il dosaggio più alto non corrisponde ad una riduzione significativamente più intensa del sintomo.

I ricercatori hanno concluso che l’uso topico del CBD può alleviare le infiammazioni e i dolori cronici scaturiti dall’artrite, senza provocare effetti collaterali di rilievo.

Il CBD può essere usato per alleviare il dolore causato dal tumore

La ricerca scientifica sul cancro sta dedicando ampio spazio al CBD, sia come rimedio per i tumori cancerosi che per il dolore provocato dal cancro.

Sappiamo che molti malati oncologici con forme di tumori cancerosi ricorrono regolarmente al CBD come trattamento destinato alla riduzione del problema. Tuttavia, da più parti, arrivano notizie sull’importanza di questa sostanza nella gestione dei sintomi del cancro. Il National Cancer Institute (NCI) ha pubblicato una serie di ricerche su cannabis e cannabinoidi, considerati possibili coadiuvanti nella riduzione degli effetti collaterali delle terapie antitumorali come la chemioterapia. In particolare, il loro uso è consigliato in caso di vomito, dolore e inappetenza. Uno studio pubblicato sul JPMS, Journal of Pain and Symptom Management, sull’uso di THC e CBD in combinazione con gli oppioidi, ha dimostrato che l’estratto dei tre elementi risultava più efficace nel trattamento del dolore, rispetto all’uso dei singoli prodotti. Inoltre, uno dei dati più interessanti è emerso dall’uso simultaneo del CBD e del THC, che è risultato estremamente valido.

Uno studio successivo dedicato all’uso di spray oromucosale, ha dimostrato l’efficacia di questo rimedio nel ridurre il dolore nei malati terminali, i quali non rispondevano più al trattamento con gli oppioidi.

Il CBD può essere usato per trattare l’emicrania

Un aggiornamento sulla validità dei derivati della cannabis sull’emicrania è stato pubblicato nel 2018, sulla base dell’esame della lettura medica disponibile a riguardo. Lo Studio si è focalizzato, in particolare, sulle prove a sostegno della cannabis e dei cannabinoidi nel trattamento del dolore con riferimento all’emicrania e al mal di testa. Le conclusioni tratte dalla ricerca sono state a favore dell’uso del cannabidiolo in caso di emicrania. Tuttavia, i dati disponibili devono essere ulteriormente approfonditi per ottenere informazioni più dettagliate su un numero elevato di soggetti. Alcuni approfondimenti sull’uso della cannabis, si sono concentrati anche sull’uso combinato di CBD e THC. Le due sostanze, assunte per via orale, hanno portato una diminuzione del dolore di oltre il 40%, con una dose quotidiana di 200 mg. Sui soggetti con una storia di cefalea infantile, la combinazione di THC e CBD ha prodotto risultati positivi nella cefalea a grappolo.

In base a questa ricerca, però, i risultati sono stati a favore dell’uso sinergico dei due prodotti che hanno raggiunto un’efficacia del 55% quando utilizzati insieme.

Quali sono gli effetti collaterali del CBD?

Il cannabidiolo è una sostanza ben tollerata dall’organismo e i soggetti che ne fanno uso per il trattamento del dolore non lamentano effetti collaterali di importante entità. Questo non esclude che possano presentarsi fastidi di minore importanza, come stanchezza, dissenteria, variazioni dell'appetito. Le modalità di assunzione, così come le dosi e la frequenza d’uso sono tra i fattori che incidono di più sulle reazioni avverse. Prima di ricorrere al CBD, inoltre, è necessario prestare attenzione anche alle eventuali terapie già in corso. In alcuni casi, infatti, il CBD può interagire con i medicinali, causando l’inefficacia del farmaco o effetti di vario tipo. Una delle informazioni più attendibili è che i farmaci a base di CBD possono essere tossici per il fegato. Va sottolineato che, al momento, si conoscono molto meglio le reazioni avverse della cannabis a scopo ricreativo che quelle dovute ai prodotti medicinali a base di CBD.

È interessante notare che il CBD a uso topico o dermatologico non ha nessun tipo effetto collaterale.

Come si assume solitamente il CBD?

Il CBD come antidolorifico può essere somministrato in svariati modi. I sistemi principali di assunzione sono la via orale e l’inalazione, che favoriscono l’assorbimento del principio attivo rapidamente. Le proprietà benefiche del CBD sono particolarmente valide per bocca, consumando tisane o decotti a base di infiorescenze di cannabis. La preparazione è molto semplice: basta porre le infiorescenze all’interno di un bollitore pieno di acqua e lasciar bollire il tutto per qualche minuto. Per la vaporizzazione, invece, bisogna inserire la molecola in un vaporizzatore e inalare. Quando si parla di assunzione, tuttavia, è necessario chiarire che la Normativa italiana è poco chiara a riguardo. Mentre non ci sono limitazioni per l’uso topico del CBD come antidolorifico, le infiorescenze possono essere acquistate solo come profumatori o per collezionismo.

Il CBD è legale?

Considerata l’efficacia del CBD nel trattamento del dolore, è fondamentale capire cosa preveda la normativa a riguardo.

In Italia, con la Legge n.242 del 2016, sono state rese legali la coltivazione e la commercializzazione della cannabis light e, di conseguenza, il suo acquisto.

Tuttavia, dobbiamo chiarire cosa si intenda per cannabis light: sono legali i prodotti derivati ​​dalla canapa con un contenuto di THC inferiore allo 0,5%, ma con un margine di tolleranza che può raggiungere al massimo lo 0,05%.

Per quanto riguarda le percentuali di cannabidiolo, il legislatore non ha imposto alcun limite.

In sostanza, il livello basso di THC nei prodotti alla cannabis light non provoca l’effetto psicotropo, ovvero l’effetto sballo, rendendo l’acquisto sicuro e privo di reazioni droganti. I prodotti con una maggiore concentrazione di THC sono consentiti dietro presentazione di ricetta medica esclusivamente presso le farmacie.


   

di Redazione





Questo è un articolo pubblicato il 24-08-2022 alle 21:05 sul giornale del 24 agosto 2022 - 1004 letture

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