Pesaro? Una seconda Napoli. Una passione per la pizza ma servono pizzaioli

pizza 3' di lettura 14/09/2018 - Ecco i dati: Margherita, Capricciosa, Rossini e Quattro stagioni le più richieste. In aumento impasti integrali, speciali biologici e senza glutine. In ottobre parte il corso.

Pesaro? Una seconda Napoli, almeno stando al consumo e alla popolarità della pizza. E se parliamo di pizza al piatto le preferite dei pesaresi sono nell’ordine: Margherita, Capricciosa, Rossini, Quattro stagioni, Napoli e Vegetariana. Quanto al consumo (sia al piatto che al taglio), i dati confermano che la pizza è in crescita costante. Eppure mancano i pizzaioli; meglio, non ce ne sono quanti ne servirebbero. E di questi giorni la notizia dell’organizzazione del Festival della pizza a Pesaro ma, nonostante la promozione del piatto italiano più popolare, molte attività sono alla ricerca di pizzaioli professionisti.

Per questo la CNA di Pesaro e Urbino organizza da tempo corsi per diventare pizzaiolo. Il prossimo è in partenza nei prossimi giorni (info 348-7009516 0721-426122).

Ma veniamo ai dati. Tra il 2015 e quest’anno le imprese con attività di pizzeria in tutta la provincia sono cresciute da 750 a 810 (dati aggiornati a prima dell’estate). Disaggregando questo risultato emerge che le attività con somministrazione sono oltre il 60% (ristoranti-pizzeria e bar-pizzeria), senza somministrazione il 25% (rosticcerie-pizzeria; pizzerie da asporto e gastronomia-pizzeria), infine il 15% le panetterie che offrono tra i loro prodotti anche la pizza. A livello regionale, è la Campania a farla da padrona in termini assoluti, con il 16% delle attività di ristorazione costituite da pizzerie. In provincia di Pesaro e Urbino il dato assoluto si attesta attorno ad un 10-11%.

Mentre diventava “cibo globale”, la pizza è cresciuta anche nell’immaginario. Con il tempo si è fatta strada la consapevolezza che dietro la pizza ci siano storia, tradizione, cultura.

E che il suo successo attinga tanto a materie prime di altissima qualità quanto, forse soprattutto, al fattore umano: la capacità artigianale del pizzaiolo. Un’arte non a caso riconosciuta “patrimonio dell’umanità” dall’Unesco. Una consapevolezza che, prima di diventare comune all’estero, era stata assimilata in Italia. Nel nostro Paese fino a non molti anni fa esisteva una spaccatura: da una parte la ristorazione, dall’altra la pizza. Ora la pizza non è più un piatto da poveri: a tavola si è conquistata un ruolo da protagonista. La quasi totalità delle pizze al piatto costa tra 5 e 10-12 euro. Per la precisione, il 55% tra cinque e sette euro. E il 37% tra sette e dieci euro. Sotto i cinque euro costa il 4% delle pizze. E lo stesso 4% vale la fetta di mercato delle pizze oltre i dieci euro.

A rimanere la preferita da oltre tre quarti dei consumatori, il 78,8% per essere precisi, è la pizza tradizionale: marinara e margherita, napoletana o capricciosa. Il 6,2% dei clienti sceglie (o è costretto a scegliere per motivi legati a intolleranze) le pizze speciali, perlopiù biologiche o senza glutine. Infine, la pizza con gusti fai-da-te si ferma al 2,9%. L’84,8% delle pizzerie adopera il forno a legna, il 9,1% il forno a gas e il 6,1% il forno elettrico.






Questo è un comunicato stampa pubblicato il 14-09-2018 alle 10:31 sul giornale del 15 settembre 2018 - 2484 letture

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