L’arrivo della radio nel pesarese, la vignetta di Giacomo Cardoni

Radio Hum 4' di lettura 13/06/2012 - Ognuno la sua, ognuno un pizzico di amore. Un taxista pesarese sostiene che Pesaro è bella per il lavoro che fa: poco traffico, la partita a scacchi tra una chiamata e l’altra, si conoscono tutti tra i 27 colleghi che hanno casa base sul lato sempre in ombra della stazione dei treni. Alcuni di loro potrebbero scrivere un libro su come affrontare incontri di ogni tipo o su cosa saper cogliere dalla diversità.

Un contadino Pesarese dice che si spezza la schiena; ma è seduto nel bar con un bicchiere di vino e un mazzo di carte quando maledice la moglie e la politica. Lascia trapelare anche un sorriso sincero, di una persona che sa ancora trovare le piccole gioie della vita, nonostante i denti siano quelli di un povero, e le tasse (che non sono le mogli dei tassi in questo caso, sempre più rare tra i nostri colli ma non estinte) appesantiscono la vita togliendo “aria” buona anche a coloro che hanno da sempre, sempre, e poi sempre, lavorato. Un ragazzo di sedici anni Pesarese, in media pensa alla moto, a finire senza debiti l’anno scolastico, ad arrivare all’estate per poi non sapere come impiegare quel prezioso e tanto atteso tempo. Magari finisce riempendolo con qualsiasi cosa propostagli dalla cerchia di conoscenze e famiglia, per ritrovarsi ancor prima di dire “vacanze”, alla fine, e sentire che tutto è volato… beh, mi vien da suggerire che è bello impiegare il tempo a disposizione per un sano OZIO, ma anche questa pratica fa già parte della storia.

Un giovane professionista Pesarese mi racconta che può essere solo di due tipologie, diciamo molto riassuntivamente: o si è uno di quelli che “si fugge” da Pesaro per trovare chissacché, per sentire l’energia dell’indipendenza e liberazione dal perfetto nido Pesarese avvolgente, a tratti soffocante; o si è uno di quelli che “si resta” perché, un po’ a vecchio stampo si è diventati grandi troppo presto - Vuoi che non conoscevo tutti i mezzi per andarmene, vuoi che non avevo la spinta giusta, lo stimolo.. insomma, Pesaro ti accoglie, di certo non ti caccia. Poi bisogna essere bravi a non farsi prendere la mano, non lasciare le proprie idee e progetti in balia dell’andazzo Pesarese. Oppure si fa come la sabbia nella risacca, che si smuove, crea forme, sagome, disegni incantevoli, UN GRAN POLVERONE! E tutto ritorna come prima. Perché Pesaro è tranquilla… Se si è della fascia “anni di Cristo” ci si sente ancora giovani in questa città, ma ci si rende conto che i piedi ormai sono abbastanza saldi. I primi pensieri di Casa, famiglia, figli, sono all’ordine del giorno se non si sono già concretati; pochi si permettono ancora alcune libertà. E vi domando a questo punto: fino a quando si è giovani oggi? Un pesarese sotto crisi è spaventato nonostante abbia amici, un bel posto in cui vivere, opportunità di semplificarsi la vita e stare comunque bene, può anche rendersi conto che magari la crisi è l’occasione per ritrovare se stessi. In questi momenti di dubbio e incertezza si perdono i punti di riferimento.

Nella sua complessità e interezza non si afferra che cos’è la crisi, ma ritrovare la bellezza di scambiare due parole con le persone aiuta a fare bene quello che si deve fare, ti aiuta a vivere la giornata e non solo arrivarne alla fine. Quello che vi ho scritto oggi è un “impasto di racconti”, tutta roba biologica e genuina Pesarese e a proposito di Pesaresi che non ci sono più, vi lascio con questa immagine che raccoglie il frutto di quello che ho pensato sia importante e magari ancora nascosto tra le parole: “Quando gli uomini uscivano di casa la sera, noi donne che si rimaneva in casa, sapevamo che si radunavano tutti in cima alla collina; da quel Ginín che abitava poco più in là. La sera, dopo tutto il giorno di lavoro nel campo, chi poteva, si incamminava lungo la ripida strada imbrecciata, arrossita dall’imbrunire. Era un po’ il punto di ritrovo, il momento di scambio e di chiacchiera, ma soprattutto si andava lì perché cera una radio! Al tempo avevamo solo quella per sapere cosa succedeva nel mondo, per discutere e progettare nel nostro piccolo, e solo alle 20 in punto tutti stavano in silenzio ad ascoltare: iniziava il giornale radio.”


   

da Giacomo Cardoni







Questa è una vignetta pubblicata il 13-06-2012 alle 09:57 sul giornale del 14 giugno 2012 - 1832 letture

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