Centro Italia: Spacca, \'Un quadro di alleanze strategiche\'

gian mario spacca 5' di lettura 16/09/2009 - L’attenzione ritorna prepotentemente sul Centro-Italia, stretto tra le rivendicazioni nordiste e quelle del Mezzogiorno. Dobbiamo ringraziare il Presidente della Provincia di Pesaro-Urbino Matteo Ricci e Palmiro Ucchielli che hanno riaperto questo dibattito.

Le regioni del centro Italia, al di là della loro presenza nelle consuete rappresentazioni dei dati statistici nazionali per macro-aggregati territoriali (nord-ovest, nord-est, centro, sud e isole), sono state raramente oggetto di analisi integrata e sistematica. Per un breve periodo ha fatto la sua apparizione il curioso neologismo di “centronia”, ma è rimasto più una suggestione nominalistica che un concreto terreno di analisi. Troppo disomogenea e slegata si è sempre presentata questa parte del Paese – perlomeno nel confronto con altre macro-aree – perché sia emersa una comune immagine di riferimento alla quale cercare di dar corpo attraverso ragionamenti di carattere strategico territoriale. Sicuramente, il fatto di non essere in presenza di un polo geo-economico unitariamente e distintamente caratterizzato, non ha giocato a favore.


Non ha giocato a favore neppure il carattere “storicamente mediano” delle regioni del centro rispetto al resto Paese. Questa medianità ha fatto sì che, nel tempo, non emergesse mai una “questione centrale” a fare da contrappunto alla storica “questione meridionale” ed alla recentemente coniata “questione settentrionale”. D’altra parte, nella storia delle regioni che compongono il Centro Italia si rileva l’adozione di modelli di sviluppo sostanzialmente diversi tra loro, con le Marche agganciate al modello dei distretti-sistemi locali tipico del nord-est, la Toscana impegnata a rafforzare l’asse Firenze-Pistoia-Prato, il Lazio per gran parte polarizzato intorno all’area metropolitana romana e l’Umbria orientata a sviluppare le sue eccellenze ambientali e borghigiane. Il ragionamento di potrebbe estendere all’Abruzzo, con la parte montana attratta anch’essa dal magnete romano e quella litoranea in sostanziale continuità con la dorsale adriatica. In modo sostanzialmente autonomo le diverse aree del Centro Italia hanno negli ultimi vent’anni compiuto percorsi di sviluppo robusti e significativi.


Probabilmente i tempi sono ora maturi perché le regioni del centro e le istituzioni che le rappresentano sviluppino e adottino un quadro di alleanze strategiche. Un quadro che sia giocato sulle somiglianze, che pure ci sono e che possono giocare significativamente (basti pensare alla disponibilità di territorio a bassa densità insediativa, alla crescita ed alla vitalità delle micro e piccole imprese, alla presenza di risorse ambientali e culturali, alla attitudine per il “buon vivere” che caratterizza la gran parte degli abitanti, alla tradizione di buon governo che contraddistingue gli enti locali), ma soprattutto che consideri le convenienze di ordine politico e strategico: Non può infatti sfuggire che nello scenario attuale: -da un lato, il processo di verticalizzazione delle scelte politiche a cui si assiste da alcuni anni rischia di penalizzare i territori che non fanno massa critica, che non presentano in maniera unitaria e coesa le proprie istanze. In un contesto di risorse scarse il decisore centrale tende a privilegiare il sostegno ai territori-sistema, quelli nei quali gli effetti dei grandi investimenti pubblici si riverberano nella maniera più ampia e che, soprattutto, dispongono di una forte rappresentanza politica; -dall’altro, se le potenzialità di sistema delle regioni centrali restano tutt’ora inesplorate, appare evidente che una complementarietà strategica può aprire nuove prospettive di sviluppo basate sull’aggregazione di interessi e di risorse e sulle sinergie tra le eccellenze presenti.


Tutto questo, si intende, senza necessariamente rinunciare alle singole specificità ed alla propria forza autonoma. Naturalmente un sistema di intese non può interessare solo le Regioni, ma deve in qualche modo coinvolgere tutti i soggetti istituzionali, economici e sociali che innervano i territori. A questo riguardo il terreno si presenta fertile perché le Regioni del Centro hanno mostrato di saper adottare modelli avanzati di inclusione nei processi decisionali del sistema delle autonomie, delle parti sociali ed economiche Occorre poi aggiungere che una proposta politica orientata in questo senso può godere di una significativa “autenticità di scopo” essendo del tutto aliena da quelle istanze di ostilità territoriale che alimentano invece le rivendicazioni politiche a sostegno di altri macro-aggregati territoriali nel Nord e nel Sud del Paese. Una coalizione di centro serve a tutti. Serve al sistema Paese come promotore di una cerniera funzionale tra sistemi territoriali altrimenti distanti e separati, e serve alle singole regioni che la compongono: all’Umbria per relativizzare il suo sottodimensionamento, alle Marche per alimentare la leadership adriatica verso l’Est, al Lazio come alternativa al magnete romano, alla Toscana per rivitalizzare il suo territorio meridionale, e se vogliamo allo stesso Abruzzo i cui abitanti, come dimostrano alcune recenti indagini, sono sempre più distanti dal percepirsi come un pezzo di Italia del Sud. Però occorre far presto.


Partite importanti si giocheranno nei prossimi anni, ad esempio sul fronte delle infrastrutture di collegamento, soprattutto quelle di “aggancio” ai grandi corridoi di attraversamento longitudinale. Il rischio è che sulle direttrici complementari Est-Ovest prevalga una logica tutta settentrionale che finirebbe per privare le aree del centro di quegli elementi di connettività indispensabili sia per sostenere le economie regionali che per dar senso alle ipotesi coalizionali di cui si è detto.


   

da Gian Mario Spacca
presidente Regione Marche




Questo è un comunicato stampa pubblicato il 16-09-2009 alle 15:41 sul giornale del 16 settembre 2009 - 915 letture

In questo articolo si parla di politica, gian mario spacca

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